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L’associazione lametina 'Le Città Visibili' fa tappa a San Fili, il paese di Brunori Sas
Attualità

L’associazione lametina “Le Città Visibili” fa tappa a San Fili, il paese di Brunori Sas

24 Mag 2025
redazione Corriere di Lamezia
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“Un accogliente piccolo scrigno, incastonato in varie sfumature di verde, custodisce le sue tradizioni, sorprese e magie: San Fili si erge ad un’altezza di circa 550 metri s.l.m., ordinato, lustro e accogliente e conta circa 2.500 abitanti, che aumentano notevolmente tra giugno e ottobre.

Ci accolgono la sindaca, avvocatessa Linda Cribari, la nostra guida Francesco De Filippis e il poeta e performer Antonio Asta. L’origine del nome San Fili, ci spiega la guida, deriverebbe da Felum, un antichissimo centro situato in questa zona, mentre San Felice è presente in un documento religioso medievale che attesta una località risalente ai tempi di Federico: nel 1276 San Felix compare nei registri fiscali angioini, per diventare successivamente San Fili. La sindaca, che ha trascorso con noi tutta la mattinata e ci ha accompagnati con estrema disponibilità ed entusiasmo, mettendoci letteralmente a disposizione tutta San Fili, ci racconta del recente Progetto GeoArt Experience, nato per valorizzare il patrimonio geologico, naturalistico, artistico, storico ed enogastronomico del Comune di San Fili, in collaborazione con Antoior Travel & Events. Francesco, la nostra guida, ci mostra il panorama della vallata del torrente Emoli, in cui si praticava l’allevamento di animali da cortile e in cui fiorivano in gran quantità il sambuco selvatico e il gelso; individuiamo la Frazione di Bucita (accorpata al Comune di San Fili, come Casale, nel 1816) e alcune Chiese che successivamente visiteremo. Ci avviamo da “Daniel’s Pastry”, dove assaggiamo e apprezziamo la torta Brunoci, dedicata a Dario Brunori (che vive qui) dopo il gran successo sanremese, e la rinomata “chijna”, dolce di origine settecentesca, ripieno di pane raffermo, cioccolato fondente, miele di fichi, uvetta e noci. Mentre siamo seduti Antonio Asta ci recita due sue poesie in vernacolo “Sumiglianze” e “Amaru chine mora” e ci racconta del poeta sanfilese don Giovanni Gentile, alias Chiacchiara, autore di versi dialettali e di una versione di “Jugale”.
A sorpresa, ecco arrivare a darci il benvenuto, una bellissima magara moderna, in versione primaverile, Rosanna, che si presta divertita a selfie e scatti di ogni sorta.
San Fili è noto anche per essere il paese delle Magare (un Festival di tre giorni, all’inizio di agosto, celebra questa figura della tradizione popolare, presente un po’ ovunque al Sud: una sorta di “strega” buona, conoscitrice delle erbe, che risolve i problemi, incoraggia e fornisce consigli) con una serie di incontri, convegni, eventi musicali e artistici, giochi della tradizione passeggiate a tema. Ci addentriamo verso il centro per visitare inizialmente una piccola e graziosa Bottega D’ Arte, in cui si possono ammirare le ‘ Magarelle’ di pregiata finitura artigianale, oltre a gioielli e accessori, realizzati da Angela Cavaliere e Assunta Pugliese. Proseguiamo con la visita della Chiesa di San Francesco di Paola (un tempo dedicata allo Spirito Santo), un’antica Chiesa, databile tra il XVIII e il XIX secolo, che all’interno conserva decorazioni barocche, un busto ligneo del Santo e una serie di affreschi dei miracoli principali, oltre ad un Battesimo di Cristo e alla Discesa dello Spirito Santo (opera di Antonio Granata). Ci dirigiamo, poi, alla Chiesa Matrice della Santissima Annunziata che si erge ben visibile sulla collina; le prime notizie della costruzione originaria risalgono agli inizi del 1300, quando venne eretta a navata unica e dedicata a San Felice. Nel XVIII secolo venne ampliata con una pianta a croce latina, decorata internamente con opere scultoree barocche eseguite da artisti locali, un coro e varie statue lignee del Settecento (tra le quali spicca l’Immacolata di scuola napoletana barocca con influenza spagnola, come si nota dagli arabeschi dorati del mantello e dai capelli sciolti) oltre a un suggestivo crocefisso e alcuni dipinti di Antonio Granata. Il portale esterno, finemente decorato, accoglie i visitatori e sulla destra si staglia una torre campanaria settecentesca, un tempo ben più alta, ma successivamente ridimensionata a causa di terremoti e altre calamità. Proseguiamo verso la Chiesa dell’Immacolata Concezione, dove la guida ci fa notare gli affreschi del Vecchio e del Nuovo Testamento, dei momenti principali della vita di Maria, un pregevole busto di San Giuseppe e una bellissima statua dell’Immacolata. Concludiamo la nostra visita nella Chiesa del Carmine, Decor Carmeli, costruita tra il 1919 e il 1920; per completarla, donna Cecilia Gentile offrì alla Madonna del Carmine la casetta appoggiata alla chiesa che venne adibita a sacrestia. All’interno ammiriamo un interessante Cristo sospeso, vari affreschi, le statue di San Domenico Savio, Sant’Antonio e della Madonna del Rosario. Mentre proseguiamo la nostra passeggiata, visitiamo la Nostra di quadri e archeoceramiche del Maestro Geppino Rende, che ci racconta il processo di lavorazione degli oggetti esposti, di grande interesse e fascino. La tappa conclusiva è il castagno secolare, “U Curciu de Catalanu”, che sorveglia e protegge questo angolo suggestivo e accogliente. E chi, se non una magara d.o.c., poteva darci il benvenuto in questo posto? Ilaria Dapino ci racconta brevemente la sua storia e la sua scelta di trasferirsi al Sud. Tiene a precisare che la magara incarna la magia bianca e rappresenta la cura e l’amore per le conoscenze tramandate oralmente e le tradizioni e che, in verità, era ciò che oggi chiameremmo naturopata o erborista.; è una donna empatica, che crede nella connessione con una Natura salvifica, rigenerante e rasserenante Acqua, fuoco, terra e aria sono gli elementi da cui trae energie positive che qui a San Fili si percepiscono particolarmente. Ci invita alle Notti delle Magare (1, 2 e 3 agosto) e chissà che non torneremo per farci realizzare una “vurziceddra” beneaugurante… Ultima tappa sanfilese il pranzo, gustoso e tradizionale, nell’accogliente ristorante “Il Casale”.
PS: ebbene sì, non abbiamo resistito e, sotto l’albero delle noci, abbiamo intonato (si fa per dire) un coro, cantando la splendida omonima canzone di Brunori.

Racconto a cura di Giuliana Manfredi
Ph Mimmo Greco

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