Quest’oggi vogliamo affrontare un tema molto delicato e di completa attualità sia per i contenuti sia per le implicazioni che ne derivano. Ne parliamo con Marco Foti, il cui blog è ospite sulla nostra testata.
Buongiorno Marco, oggi non se ne parla in termini prospettici ma solo emergenziali, mi riferisco alla grave crisi che attraversa l’istruzione scolastica italiana.
Hai centrato l’obiettivo, il goal come dicono gli inglesi. È vero, oggi non se ne parla in questi termini. È come se si pensasse di superare indenni questi momenti (due anni) di crisi pandemica. Eppure studi in Olanda, Francia e Usa già certificano le lacune accumulate dai ragazzi nei lockdown ed in Italia non va certamente meglio.
Tralasciando ciò che avviene negli altri Paesi concentriamoci sulla nostra istituzione scolastica.
Tra dad, did, professori novax e docenti assenti per contagio gli studenti italiani sono abbandonati al loro triste destino di sottocultura. Questo è il mio pensiero.
Ma il Ministero dell’Istruzione è consapevole del problema?
A me non sembra giacché si apprende da diverse fonti che al momento il MIUR non ha deciso nulla vista anche l’assenza di una “mappatura” degli studenti italiani perché lo scorso anno non sono state svolte le cosiddette prove Invalsi (e quest’anno ancora non si conosce l’idea del Ministero).
Al telefono mi hai accennato di un’indagine IPSOS effettuata ad inizio gennaio per “Save the children”.
Si, questa indagine rileva che 34mila studenti delle scuole superiori rischiano di alimentare il fenomeno dell’abbandono scolastico. Il 35% ritiene che la propria preparazione scolastica sia peggiorata e per il 38% degli adolescenti la didattica a distanza è un’esperienza negativa. Soltanto il 26% del campione pensa che “tornerà tutto come prima”.
Ma non è tutto. Un’indagine SDGs diffusa dall’ISTAT nel 2021 ha evidenziato, per l’anno scolastico 2020/2021, il peggioramento delle competenze in Italiano e Matematica degli studenti dell’ultimo anno della scuola secondaria di primo e secondo grado. Cosa ne pensi su questo punto?
Esprimo la mia più grande preoccupazione per i nostri giovani, il futuro della nostra Italia. Dico ancora dì più. Sempre secondo i dati diffusi da ISTAT nel 2020 soltanto il 27,6% dei giovani di 30-34 anni possiede una laurea o un titolo terziario, un livello tra i più bassi d’Europa.
Infatti, l’Europa.
I dati di Eurostat parlano chiaro. L’Italia è il Paese europeo che, in percentuale rispetto alla propria spesa pubblica (8%) investe meno in “educazione”, una categoria che comprende la scuola dell’obbligo, l’università, servizi sussidiari all’educazione e altri tipi di formazione. La media europea, pari al 10%, è raggiunta da Paesi a noi comparabili, escludendo quindi le eccellenze come ad esempio la Svizzera.
In questi aspetti dovrebbe intervenire il PNRR.
Nonostante le risorse finanziarie messe a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza il Governo nazionale ha preso la decisione di non aumentare gli investimenti per l’istruzione, confermando quindi il nostro Paese in fondo alla classifica europea per la spesa in istruzione.
Dal mondo dell’industria e delle imprese si apprende la grande preoccupazione rispetto ad una sottovalutazione sulle carenze degli apprendimenti. Il ricorso alla Dad, oltre che sulle competenze, produrrà effetti negativi sui comportamenti. Qual è la tua considerazione?
L’augurio è che si delinei rapidamente un piano di recupero degli apprendimenti, la cui arretratezza unitamente alla bassissima natalità rischia una grave perdita di competitività sul mercato nei prossimi anni. Da cui sarà difficile riprendersi. A mio avviso, stiamo compromettendo il futuro dì tanti giovani con determinate scelte errate da parte dei Governi degli ultimi vent’anni.
Per concludere, in questi ultimi due anni il mondo ha vissuto una delle più gravi tragedie della storia. La reazione ha provocato cambiamenti rivoluzionari attesi per l’appunto anche nell’istruzione. Che suggerimenti puoi dare?
Lungi da me pontificare su questi temi. Non ne ho le basi e la conoscenza. Posso dare soltanto la mia personale visione. Ritengo che occorra una riprogettazione dell’istruzione. Così non va più. Lo si vede nel mondo del lavoro. Non si deve intendere una rivoluzione dell’istruzione industriale, ma un’istruzione che sia di nuovo stile, adeguata alle sfide che il mercato propone quotidianamente ed ai veri talenti che si spera crescano all’interno dell’istituzione scolastica. Il Ministero deve prendere atto dì questa necessità. Per il futuro dei nostri giovani, per il bene dell’Italia.
Grazie