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Lamezia, nel Santuario di Sant’Antonio il vescovo Parisi celebra la Festa del perdono di Assisi
Chiesa

Lamezia, nel Santuario di Sant’Antonio il vescovo Parisi celebra la Festa del perdono di Assisi

02 Ago 2024
redazione Corriere di Lamezia
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“La festa della Porziuncola ci fa dire che la misericordia di Dio è la consegna ad ognuno di noi della gioia della nostra vita. Però, liberamente dobbiamo entrare dentro questo circuito di amore e farci anche noi, nonostante le nostre ferite, portatori di questo messaggio di amore”. Così il Vescovo, monsignor Serafino Parisi, in occasione della Santa Messa per la Festa del perdono di Assisi presieduta nel Santuario di Sant’Antonio in Lamezia Terme.

Festa del perdono che, come ha sottolineato il Vescovo “è un’occasione che la Chiesa ci offre collocandola dentro la vicenda bella e felice di San Francesco d’Assisi per riflettere sul grande mistero della Misericordia del Signore che è totalmente lontana dal nostro concetto di perdono, che noi non riusciamo a comprendere pienamente. In un certo senso – ha aggiunto – restiamo spiazzati da questo modo di essere di Dio. Perché lo stile di Dio è perdono, è amore incondizionato, è misericordia. E questo si manifesta in modo particolare sul legno della Croce”.

“Noi – ha aggiunto monsignor Serafino Parisi – sappiamo che Gesù si è fatto uomo ed è venuto per mostrarci il volto di Dio. Ci ha mostrato il volto di un Dio Padre che si prende cura dei figli, che non li abbandona. Anzi, questo padre è talmente ‘strano’ ai nostri occhi da dire al figlio ‘se tu vuoi, liberamente, consegna la tua vita, regala la tua vita agli altri perché gli altri possano vivere, gioire e comprendere l’amore che io ho per voi – dice il Signore -, una passione amorosa per tutta l’umanità. E questo si comprende sulla Croce. Perché la croce è segno della debolezza, del limite, ma è anche illustrazione di Dio appassionato dell’umanità, patito dell’uomo che, in Cristo Gesù, soffre e patisce per l’umanità, redimendola”.

“E questo è il mistero della Misericordia di Dio – ha proseguito il Vescovo -. Il Signore ama incondizionatamente ed ama anche coloro che lo tradiscono, lo rinnegano”. E, così come agisce con Pietro al quale si rivolge sia quando lo vede per la prima volta che quando lo incontra per l’ultima volta con la stessa parola “seguimi”, il Signore invita tutti noi a ripartire dall’amore: “Ripartiamo dal centro della nostra vita – ha evidenziato monsignor Parisi – perché se tu mi ami possiamo mettere da parte quello che hai fatto e quello che non hai fatto, quello che avresti dovuto fare o avresti potuto fare e non l’hai fatto. Se mi ami possiamo ripartire” perché “tutto può riavere inizio. Tutto si può rinnovare. Tu mi rinneghi, tu mi tradisci, tu parli male di me, ma io continuo ad amarti. Ti do ancora fiducia, anche se umanamente non lo meriteresti più. Questo è il Mistero di Dio: amare anche coloro che lo stavano crocifiggendo. Continuare ad amare: questo è il desiderio di Dio e ci spiazza. Noi siamo qui perché il Signore è buono e misericordioso. Non tiene conto del male ricevuto, ma va avanti. Tu puoi fare tutto quello che vuoi, puoi dire tutto quello che vuoi, puoi scrivere tutto quello che vuoi, ma la tua cattiveria non cambia la mia bontà – dice il Signore -: ecco la misericordia di Dio che travalica tutti i confini. Il Signore ricolloca tutti nella sua fiducia e nel suo amore rigenerante”.

“La vita dell’umanità – ha aggiunto il Vescovo – ha tanti motivi per gioire” ed a differenza di coloro “che trasmettono agli altri tensione, paura, terrore, veleno, il Signore dice ‘guardate che voi potete venire alle sorgenti della vita’” perchè “’io sono come la vite’ e questa vite, che è immagine di amore e di relazione intima all’interno della visione biblica, è quella vite che riesce a dichiarare che il Signore è innamorato di noi. Ecco perché il suo atteggiamento nei nostri confronti è quello della misericordia: non sei più schiavo, sei figlio e se sei figlio sei anche erede della salvezza che il Signore ha pensato per ognuno di noi. E sei talmente figlio da poter dire Abbà. Chiamare Dio Abbà, vuol dire papà, padre nel senso intimo della relazione vera ed autentica che c’è tra un padre ed un figlio”.

“Il perdono – ha concluso monsignor Parisi – rigenera non solo l’esistenza di chi lo riceve, ma anche di chi lo dona. A partire da ciò il Signore ci invita a generare relazioni d’amore con il suo costante invito: seguimi”.


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